In Papaioannou rivive l’utopia del Bello e Buono

Il performer e regista greco celebra uno dei miti invincibili e fondanti della nostra civiltà in Primal Matter in prima nazionale all’Olimpico di Vicenza – Silvia Poletti

Mai come in questi primi giorni della nuova stagione di danza, per curiosa coincidenza, la nudità del corpo viene proposta con insistenza in alcune piéces di teatro fisico che segnalano, allo stesso tempo, la cifra originale degli autori proposti. Nell’atemporale e gloriosa cornice del Teatro Olimpico, a Vicenza, c’è il nudo virile atavico e mitologico di Primal Matter del greco Dimitris Papaioannou. Il giorno dopo, a Reggio Emilia, quello collettivo del francese Olivier Dubois in Tragedie.

Concentriamoci intanto sul primo, che è arrivato in debutto nazionale in cartellone al Festival del Teatro Olimpico dopo i molti frisson causati in maniera diversa dalle proposte di Angelica Liddell ed Emma Dante.

Papaioannou, artista multidisciplinare la cui forte ascendenza pittorica e la formazione in belle arti sono evidentissime nella raffigurazione visiva nitida e rigorosa dell’immagine scenica, fa del corpo nudo di Michael Theophanous – cui si contrappone lui stesso, in abito nero – il simbolo senza tempo dell‘homo naturalis e insieme la segreta e fuggevole essenza del mistero dell’arte che condensa, sintetizza, trascende la quotidianità per proiettare il meglio dell’umanità nel tempo assoluto. Suggestione perché conosciamo le origini greche dell’autore (assunto alla meritata notorietà internazionale grazie alla suggestiva messa in scena dellopening olimpico ateniese nel 2004)? Probabilmente. Certo però che quel corpo fulgente e armonioso ricorda un kouros arcaico, sintesi del kalos kai agathos, del bello e buono che sono le virtù assolute dell’umanità, appunto. E allora ha un senso poetico la dialettica in orizzontale (e per questo perfettamente adattata all’Olimpico) tra l’uomo metropolitano e il kouros, tra civilizzazione e natura o magari solo tra artista e materia da forgiare – penetradola letteralmente (quando Papaioannou si insinua con gambe, gomiti testa nelle pieghe del corpo del Kouros, negli angoli delle sue braccia, nelle pieghe della sua schiena). Chiave di lettura esplicita, quest’ultima, quando Papaioannou pone l’altro su un tavolo da lavoro, mostra quasi di levigarne i tratti, agisce sulle gambe e sul busto che maneggia, gira e piega a suo piacimento. Niente da fare.

L’homo naturalis prende fortunatamente il sopravvento: domina glorioso nella sua bellezza la volontà dell’artigiano, la piega, sovrasta, la sbeffeggia. Poco vale che venga fissato nella posa del doriforo di Policleto (summa del canone classico) o perlustrato analiticamente – monco o zoppo come è arrivato ai posteri -: la natura domina, anche solo guardandolo, l’uomo di oggi, la sua perenne ricerca di piegare e governare tutto.

L’assunto di Papaioannou è chiaro e ben sviluppato nella piéce che ha solo il difetto di una certa prolissità. Tra i suoi pregi, comunque, un uso consapevole, incisivo e quindi mediatico del movimento, della posa, del corpo stesso, anche da parte dell’ autore in scena, che non a caso ha studiato danza con un maestro del modern storico come Erik Hawkins, imparando così a dare al suo movimento di performer ‘colto’ una pulizia, un rigore e una nitidezza che aiutano mirabilmente a sintetizzare il suo mondo poetico.

Visto al Teatro Olimpico di Vicenza nell’ambito del 68.mo Ciclo di spettacoli Classici

Primal Matter
ideazione regia scenografia luci costumi di Dimitris Papaioannou
Con Dimitris Papaioannou e Michael Theophanous