Lo spazio conquistato dalla danza italiana nei festival nostrani è giustamente sempre più significativo. Ma è davvero significativo anche quello che si produce?– Silvia Poletti
Da qualche anno Oriente Occidente ha rafforzato la sua vocazione a sostegno della coreografia italiana. Produzioni e residenze, vetrine e showcase dedicati ai nostri creativi rendono ancor più dinamico il già vitale calendario del più antico festival di danza contemporanea italiano.
Fatto lodevole e doveroso. Che però nasconde quesiti collaterali – etici, culturali, artistici. Fino a quando, per esempio, si deve sostenere il lavoro di un autore? Fino a quando – visti i risultati- si deve continuare a programmarlo in un festival che, dato il prestigio, deve comunque rappresentare un punto di arrivo o almeno una definitiva riconoscibilità ufficiale? Fino a quando si deve incoraggiare nella creazione e composizione coreografica chi non ha idee, non ha vocabolario, non mostra nemmeno lontanamente un tentativo di ricerca che si allontani dai cliché ampiamente cristallizzati dalla tradizione?
Il discorso è antipatico e politicamente scorretto, ma- crediamo-necessario. Si prova, si riprova, si prova ancora una volta. Ma quando l’esito è afasico e sterile, mal amalgamato e confuso – e oltre tutto interpretato con incertezza ( il corpo, anche se democratico, deve avere una sua disciplina e consapevolezza scenica) allora è giusto fermarsi. Forse, allora, Irene Russolillo – per altro performer di indiscussa personalità – deve davvero ripensare, con onestà intellettuale, ai suoi esiti come compositrice. E se davvero quello che presenta ( nel caso, This is your skin) è frutto di un lavoro formalmente compiuto e chiaramente espresso. O invece, appunto, incompleto, anodino, linguisticamente non interessante.
Diverso il discorso per gli altri due autori italiani visti in prima assoluta al Festival. Entrambi ambiziosamente legati a riferimenti alti – Davide Valrosso rimanda al Sogno di una Notte di Mezza Estate; Salvo Lombardo occhieggia l’umbertino Ballo Excelsior ( unico titolo italiano sopravvissuto alla storia e al repertorio ottocentesco: una stravaganza celebrante il progresso e la nuova era di fratellanza universale post unitaria, tutt’altro che significativa dal punto di vista coreografico, con buona pace del coreografo Manzotti, ma intrigante per i temi -il primato della civilizzazione/colonizzazione occidentale sull’oriente da sfruttare ed ‘educare’). Perché diverso? Perché entrambi sono all’inizio del percorso e solo il seguito ci farà capire davvero se ci troviamo davanti a due autori. Quel che si intravede però già ci mette sull’avviso.
L’approccio di Valrosso ( studi di qualità, tra classico e contemporaneo, interprete per Sieni e collaboratore con creatori di diversa esperienza) al complesso mondo dei sentimenti e delle pulsioni del Sogno shakespeariano è ingenuo, se non superficiale: perché non ci si può limitare a inscenare, in una scatola bianca di veli che rimanda allo spazio bianco della mente e attraverso una danza pure elegante e gradevole, morbida e fresca – grazie anche agli acerbi,giovani ballerini del Balletto di Roma– il gioco amoroso di cui si percepiscono i cambi di coppia, in una specie di girotondo cadenzato da lunghe onde di movimento o sospensioni che fanno levitare ora l’una ora l’altro in un andamento lieve e aggraziato prima, più carnoso e irrequieto dopo ( quando ai vestitini casual si sostituisce la lingerie e i corpi si annodano più espliciti e incisivi). L’asino Bottom diventa un Tele Tubbie moltiplicato per cinque e dai colori fluo – idea carina ma poi non sfruttata per quello che nell’opera teatrale proprio l’asino simbolicamente rappresenta; Puck poi, notoriamente il motore inconsapevole dell’incredibile ronde, qui perde la sua vitalità scervellata e istintuale e diventa, ma perché? un automa mosso dagli stessi ballerini. Insomma, si resta con la sensazione che il leggiadro colosso shakespeariano sia stato solo e appena sfiorato dall’autore, più preso dall’ansia di inventare nuove e complesse soluzioni dinamiche e plastiche che dare costrutto significante alle medesime.
Esattamente l’opposto avviene per Excelsior di Lombardo. Oltre allo spunto di cui sopra apprendiamo come l’apparato critico,i documenti storici -tra cui il film di Comerio del 1913, in cui brandelli dello spettacolo venivano messi in stretta correlazione on i fatti celebrati ( il traforo del Frejus, l’apertura di Suez e così andare…)-nonché le letture storiche, antropologiche, sociologiche a monte della nuova creazione avrebbero dovuto nutrirla, ovviamente conferendole un doveroso taglio politico, per altro annunciato da un folgorante video d’apertura in cui -dopo l’enunciazione del famoso proposito del Manzotti( che con Excelsior voleva celebrare – in piena consonanza con i principi massonici- l’esaltazione della ragione e la conquista della civiltà intesa come elevazione spirituale) si vedono in serrata sequenza obbrobri dettati dalla schiavitù reale e intellettuale, deformazioni del concetto di civiltà,tragiche ingerenze culturali da colonizzazioni massmediatiche. Un brillante video-enunciato che ci aspettiamo di vedere poi sviluppato live dai danzatori/performer di Chiasma. I quali, invece, restano impaniati nei vezzi di triti stilemi da teatrodanza concettuale alla Jerome Bel. Tra questi, l’abbigliamento evocativo/caratterizzante tout court: il ragazzo indiano che veste le braghe con l’Union Jack o la ragazza di vaghe ascendenze afro che a un certo punto, si denuda il seno e si siede su un asciugamano con la pianta dell’Africa: misteriosa Faccetta Nera da conquistare? E poi la Barbie Girl o i due damerini settecenteschi vestiti con crinoline con jungle look. Tutti questi si limitano a sequenze di movimento basiche con un linguaggio così elementare e modesto, da non capire se voluto o scarso per limitati mezzi creativi dell’autore. In entrambi i casi il risultato affonda l’assunto iniziale, tanto lo snobismo di cui vuole ammantarsi non trova appigli in una vera ricerca gestuale, espressiva, teatrale in cui gesti e corpi diventino veramente significanti. Al punto da venire ‘sbranato’ dal tragico video finale- due lupi voraci che si contendono a morsi una sdrucita bandiera italiana’.
In apertura Chiasma di Salvo Lombardo in un momento di Excelsior