Fino a domenica 10 marzo la rassegna emiliano-romagnola propone numerose presenze internazionali, da Sergio Blanco a Proton Theatre, da Gabriel Calderón ai Berlin. Scopri gli altri imperdibili debutti della settimana – Renato Palazzi
Si svolge da venerdì primo marzo a domenica 10 fra Modena, Bologna, Carpi, Vignola, Cesena e Castelfranco Emiliano la quattordicesima edizione di “Vie Festival“, l’importante rassegna promossa da Emilia Romagna Teatro che da anni costituisce un vivacissimo osservatorio sui fermenti della scena contemporanea. Numerose, anche in questa edizione, le presenze internazionali: ad aprire il programma sono proprio due novità straniere, El bramido de Düsseldorf (foto), del giovane regista e drammaturgo uruguaiano Sergio Blanco, per la prima volta in Italia (1 – 2, Teatro Storchi, Modena), e Imitation of life dell’ungherese Proton Theatre, regia di Kornél Mundruczó (1 – 2, Arena del Sole, Bologna).
Fra gli altri titoli da seguire, nlle prossime sere, A Bergman affair della compagnia francese “The wild Donkeys“, dal romanzo di Bergman Conversazioni private (2 – 3, Teatro delle Passioni, Modena), Ex – que revientes los actors di un altro regista-autore uruguaiano, Gabriel Calderón (3 – 4, Teatro Bonci, Cesena), True copy, una nuova creazione dei Berlin, formidabile gruppo belga che proprio a “Vie” aveva avuto un memorabile successo con Perhaps all the dragons, (7 – 8, Teatro Ermanno Fabbri, Vignola), Failing to levitate in my studio, una performance multimediale del greco Dimitris Kourtakis (9 – 10, Teatro Storchi, Modena).
Arriva da martedì 5 al Teatro Argentina di Roma La gioia, l’ultimo spettacolo di Pippo Delbono dedicato appunto a questo stato d’animo così insolito per una compagnia da sempre abituata a lavorare sui sentimenti estremi, sulle atmosfere angosciose. Per questo viaggio alla ricerca di un breve attimo di superamento del dolore Delbono ricorre a immagini circensi, alle storie di uno sciamano che libera le anime attraverso la follia, alle suggestioni del tango, a decine di barchette di carta, fino alla clamorosa cascata di fiori creata in collaborazione con Thierry Boutemy, fiorista normanno di stanza a Bruxelles, celebre in tutto il mondo.
In Guerra santa, primo capitolo di una trilogia sui conflitti generazionali, il giovane drammaturgo Fabrizio Sinisi immagina che un’orfana scappata anni prima da un’istituto di suore per unirsi a una cellula del terrorismo islamico sostenga un aspro e spietato confronto con un prete cristiano, in una chiesa di una grande città italiana, nell’imminenza della Pasqua. Il testo, vincitore del premio Testori 2018, è in scena in prima nazionale da martedì 5 a domenica 10 al Teatro Santa Chiara Mina Mezzadri di Brescia, con la regia di Gabriele Russo e l’interpretazione di Andrea Di Casa e Federica Rosellini.
Roberto Magnani, attore del Teatro delle Albe di Ravenna, allievo ormai artisticamente cresciuto di Ermanna Montanari e Marco Martinelli, dopo il sorprendente E’ bal, su un poemetto in dialetto romagnolo di Nevio Spadoni, si misura con la lingua materica e fisiologica del Macbetto di Testori, in una “trasmutazione” che non a caso come sottotitolo ha proprio “la chimica della materia”. Magnani riduce la complessa architettura del testo a tre soli personaggi, Macbet, la Ledi e la Strega, interpretati da lui stesso, da Consuelo Battiston, attrice e co-fondatrice del gruppo Menoventi, e dalla danzatrice Eleonora Sedioli. Lo spettacolo è da martedì 5 al TeatroLaCucina di Milano.