Preceduto da una “crociata” preventiva rivelatasi senza senso e (fortunatamente) senza conseguenze, lo spettacolo della provocatoria artista catalana ha inaugurato il Ciclo di spettacoli classici al Teatro Olimpico di Vicenza, diretto per il secondo anno da Emma Dante. Una pièce forte, da prendere o lasciare – Maria Grazia Gregori
Preceduto da un’aura scandalosa e da pesanti ingerenze politiche (da parte della Lega locale che accusandolo di blasfemia ne chiedeva a gran voce la sospensione) ha debuttato in assoluta tranquillità, fra gli applausi, al Teatro Olimpico di Vicenza, nel sessantottesimo ciclo di spettacoli classici diretto da Emma Dante, lo spettacolo di Angelica Liddell, star catalana di un teatro che aborre il ron ron e che punta, invece, sullo spaesamento, sulla presa di petto dello spettatore. Anche questa volta la regista-autrice- attrice non si è smentita. Il suo spettacolo dal titolo lunghissimo Prima lettera di San Paolo ai Corinzi. Cantata BWM4, Christ lag in Todesbaden .Oh, Charles!, all’apparenza misterioso, in realtà non lo è affatto. Suggerisce piuttosto uno spiazzamento, perfettamente in linea con la personalità senza dubbio bizzarra ma profonda, inquieta ma anche profondamente ironica della sua creatrice: il minimo che potessimo aspettarci da chi ha scelto come cognome d’arte quello della ragazzina che ispirò a Lewis Carroll il personaggio di Alice.
Anche in questo spettacolo, terza parte dopo You are my destiny e Tandy del “Ciclo delle resurrezioni”, la Liddell si muove in uno spazio, per così dire, “doppio”, onirico e violento allo stesso tempo, alla ricerca del senso dell’amore, della sua potenza, del suo impulso sessuale, della sua apparente sconfitta e della sua impensabile, delirante resurrezione nel completo annullamento di sé, nel visionario quasi “santo”, esaltato perdersi, annullarsi dentro un tutto che ha smarrito i suoi confini, ma in cui finalmente riconoscersi. Questo grande tema ne contiene altri di non minore importanza: il rapporto fra bene e male, fra morte e vita, fra aberrazione estrema ed estrema salvezza perché, come è dimostrato dalla figura centrale di Maria Maddalena e dal suo rapporto con Cristo, si raggiungono le vette dell’amore attraverso il grande male che ci conduce al bene, alla vita vera attraverso la morte o piuttosto alla sconfitta del male e a un annullamento di sé nell’umiliazione – si direbbe – della propria femminilità. Non è un caso che le altre Maddalene che appaiono in gruppo nella parte centrale dello spettacolo siano spogliate di tutto, nude, con il capo rasato e portino con sé il cranio di un cervo e che la stessa sorte tocchi a una giovane donna a cui vengono tagliati in scena i capelli.
Scegliendo come viatico una frase di Ingmar Bergman tratta dal film Luci d’inverno (al debutto lo spettacolo conteneva la lettera di Marta a Tomas, i due protagonisti, che, nell’edizione attuale, è stata tolta) Angelica Liddell ci precipita in un delirio barocco: la scena è interamente coperta da pesanti drappi rossi che scendono anche dentro la cavea dove domina l’immagine della “Venere dormiente” di Tiziano, nuda e sensuale. È qui che una giovane ragazza con la cuffietta sulla testa (Victoria Mariani) incontra per la prima volta il Cristo dal corpo nudo ricoperto di polvere d’oro (lo statuario Sindo Puche), che porta con sé una valigetta da manager che una volta aperta si rivela un minuscolo altare dove sta anche un calice dorato, pulito con cura con un fazzoletto che la ragazza conserverà. Ma nello spettacolo non c’è il vino e l’ostia come dono di sé, ma una “presa” di sangue, reale che viene attuata sotto i nostri occhi, sangue che poi verrà sparso su di un panno candido. Alla giovane fanciulla, però, si è sostituita Angelica Liddell in lungo abito rosso che racconta la lettera della Regina del Calvario cioè Maria Maddalena al Grande Amante cioè Cristo, una lettera invasata e commovente allo stesso tempo detta con una sconvolgente disperazione trattenuta, stropicciando spesso il bianco fazzoletto che porta con sé a suggerire una continuità con la ragazza della prima scena. Al delirio di parole si accompagna il delirio motorio, sull’onda della musica della cantata di Bach citata nel titolo, che spinge l’attrice lungo il palcoscenico, in un inquietante tentativo di impadronirsi dello spazio con gesti spezzati da un’impotenza assoluta mentre dall’alto, in palcoscenico, scendono pezzi di legno che simboleggiano la croce. È a quei frammenti di legno che come invasate si stringono le altre Marie Maddalene ma intanto in alto appare un’immagine color seppia (peraltro apparsa anche fugacemente all’inizio), una lontana istantanea del pluriomicida Charles Manson, scelto come incarnazione del male assoluto, Satana.
È questo l’ultimo frammento – quell’“Oh Charles!” – del “misterioso” titolo di uno spettacolo spiazzante, molto forte, che conclude il viaggio di quell’eresia della mente che sola, secondo Liddell, può attingere alla vera fede, al vero rapporto con Dio come un discorso amoroso (fra i riferimenti dell’autrice, più volte citato, c’è “Frammenti di un discorso amoroso” di Roland Barthes) continuamente interrotto, che caparbiamente ritorna sempre, più ricco di senso e di inquietudine che, si voglia o no, ci appartiene. Del resto il teatro secondo Angelica Liddell è proprio così: innamorato, indisciplinato, inquietante, sincero. Sta qui il suo “scandalo”, prendere o lasciare: io, personalmente, prendo.
Visto al Teatro Olimpico di Vicenza, nell’ambito del 68° Ciclo di spettacoli classici
Prima lettera di San Paolo ai Corinzi. Cantata BWM4, Christ lag in Todesbaden .Oh, Charles!
testo, regia, scenografia e costumi di Angelica Liddell
luci di Carlos Marquerie
suono di Antonio Navarro
con Angelica Liddell e Sindo Puche (in alternanza con Borja Lopez)
Una coproduzione con Théâtre Vidy-Lausanne, Odéon-Théâtre de l’Europe, Festival d’Automne à Paris, 68° Ciclo di Spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza – Comune di Vicenza – Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza, La Bâtie-Festival de Genève, Künstlerhaus Mousonturm, Bonlieu Scène nationale Annecy
con il sostegno di Comunidad de Madrid and Ministerio de Educación, Cultura y Deporte – INAEM –