L’acrobata

Tutto da vedere e da discutere, soprattutto con le giovani generazioni, lo spettacolo diretto da Elio De Capitani, tratto dal libro di Laura Forti, che ritorna al golpe di Pinochet che interruppe il governo legittimo di Salvador Allende in Cile. I fatti della storia con la esse maiuscola si intrecciano a quelli di una famiglia errante, quella dell’autriceMaria Grazia Gregori

A ridosso dei giorni in cui papa Francesco visita il Cile e il Perù, al Teatro dell’Elfo di Milano va in scena L’acrobata, testo nel quale i temi trattati riportano alla memoria e al cuore di chi scrive gli anni prima felici e poi disperati della presidenza di Salvador Allende in Cile, primo socialista ad essere eletto alla guida del suo Paese e quelli truci, violenti della dittatura di Augusto Pinochet. L’acrobata parla anche di oggi, di come ci comportiamo di fronte al passato riandando a quella notte della democrazia che si abbatté sul popolo cileno dopo il golpe militare e il bombardamento del palazzo della Moneda, residenza del presidente che si tolse la vita, della salita al potere di Pinochet che si era affermato grazie all’aiuto degli americani e non solo, fra delitti, terrore, torture, scomparse.

Seguendo lo spettacolo non ho potuto fare a meno di chiedermi chi fosse quel pubblico che vi assisteva, quali ricordi destasse in lui l’immagine di quegli anni travagliati. Soprattutto mi sono resa conto di come fosse necessario che a vederlo ci andassero i giovani, spesso ignari di quanto successo allora. L’acrobata, infatti, è per me prima di tutto una lezione vivente di storia ben nota al regista Elio De Capitani ma spesso non ai ragazzi di oggi perché sovente nella nostra scuola (anche superiore) questi argomenti non vengono mai analizzati come, del resto, spesso succede alla storia recente del nostro Paese. Un’occasione da non perdere dunque, per quelli che ne hanno smarrito la memoria e soprattutto per quelli che la memoria non ce l’hanno affatto.

Confesso che mi sono commossa nel vedere il bel volto di Victor Jara e nel sentire la sua voce e il suono della sua chitarra: come non ricordare che a quel poeta sono stata amputate le mani (anche al Che!) prima di essere ucciso? Ho invece rabbrividito, come molti spettatori del resto, nel vedere il volto terreo di Pinochet con la mano bendata dopo essere uscito illeso dall’agguato del 1986, che viene raccontato nello spettacolo grazie a filmati d’epoca (il video, bellissimo, è di Paolo Turro) che passano su di uno schermo concavo che avvolge l’intero palcoscenico.

L’acrobata nasce da un libro di Laura Forti, Camminare sulle dita, letto da Cristina Crippa che se ne è entusiasmata tanto da chiedere all’autrice di pensare a una stesura per la scena. Quel libro racconta la storia della famiglia ebrea della Forti costretta in diverse epoche e luoghi a fuggire dai paesi d’origine, a cominciare dal nonno Julius che abbandonò la Russia al tempo dei pogrom ma anche dalla famiglia della scrittrice, che lasciò l’Italia per le leggi razziali fasciste, emigrata in Cile da dove poi alcuni fuggiranno all’avvento di Pinochet.

Costruito su documenti veri il testo (e prima il romanzo) racconta soprattutto storie di gente che gli eventi della vita hanno costretto a camminare su di un filo teso sul vuoto. A cominciare da Julius, che lascia la sua impronta su tutto lo spettacolo grazie alla sua presenza in video resa quasi tattile dall’umanità di Elio De Capitani che sembra abbracciare l’intera scena. È lui il primo acrobata della storia ma lo è anche – ci dice l’autrice – la sua famiglia, fuggita dall’Italia verso il Cile per poi approdare in un paese del nord Europa.

L’acrobata è soprattutto il figlio della nonna che ne ha ricostruito la storia: un protagonista evocato da lunghi flash back che nella fredda Svezia ritrova dei reduci come lui ammalati di nostalgia e che insieme a lui passeranno in Bulgaria, per imparare come si combatte una guerriglia. Sarà proprio lui, Josè Valenzuele Levi, detto Pepo, a guidare a soli ventotto anni, il comandante Ernesto del fallito agguato a Pinochet per cui verrà condannato a morte. L’ultimo anello della catena è suo figlio che vuole creare un anello di congiunzione fra sé e la nonna e attraverso di lei con il padre perché esiste davvero un legame fra vecchi e giovani se posseggono la semplice verità di vedere le cose alla stessa maniera.

Messo in scena con tenera irruenza e passione (qualche taglio non guasterebbe) da Elio De Capitani, L’acrobata ha in Cristina Crippa e in Alessandro Bruni Ocaña i suoi determinati e determinanti interpreti. Da vedere e da discutere.

Visto all’Elfo Puccini di Milano. Repliche fino al 4 febbraio 2018. Foto di Luca Del Pia

L’acrobata
di Laura Forti
uno spettacolo di Elio De Capitani
con Cristina Crippa e Alessandro Bruni Ocaña
e Elio De Capitani in video
regia video di Paolo Turro
suono Giuseppe Marzoli
luci Nando Frigerio
assistente alla regia Alessandro Frigerio
assistente scene e costumi Roberta Monopoli
produzione Teatro dell’Elfo
con il patrocinio istituzionale dell’Ambasciata del Cile in Italia – Ministero delle Relazioni Estere