Anagoor, "Virgilio brucia"

Il passato degli Anagoor brucia come il presente

“Virgilio brucia”, il nuovo spettacolo del gruppo di Castelfranco Veneto, si fonda ancora una volta su un capolavoro del passato disegnando, senza concessioni estetiche, imprevisti e spiazzanti paralleli con il contemporaneo grazie a riusciti intrecci di linguaggiRenato Palazzi


Accusato spesso, in passato, di un eccesso di estetismo, il gruppo Anagoor risponde ora rischiando addirittura di esagerare in senso opposto, rinunciando drasticamente a ogni abbellimento formale per lavorare soprattutto sulla squassante intensità dei contenuti: in Virgilio brucia, il suo nuovo spettacolo che ha debuttato in prima nazionale al festival delle Colline Torinesi, il regista Simone Derai – che firma anche la drammaturgia, con Patrizia Vercesi – ha ridotto al minimo indispensabile le invenzioni teatrali, ha limitato l’azione stessa puntando invece, in particolare, sui testi detti al microfono, senza fronzoli, e sull’asciutto rapporto fra la recitazione, il canto e quelle immagini video che degli Anagoor restano un marchio di fabbrica e un’espressione privilegiata.

Che cos’è, esattamente, questa costruzione dalle complesse stratificazioni intellettuali, come sempre lo sono le proposte della compagnia di Castelfranco Veneto? È uno spettacolo sull’Eneide, che si pone come il nucleo, come il cuore del progetto, ma è anche uno spettacolo sulla figura di Virgilio, sulle sue ansie, sulle sue contraddizioni di uomo e di artista. È uno spettacolo su Virgilio, ma è anche uno spettacolo sulla creazione poetica in sé, e in special modo sull’inquieto rapporto tra poesia e potere. Ed è uno spettacolo sulla classicità, sul concetto, sul ruolo della classicità, sulle opere degli antichi che restano sempre le stesse, ma cambia la coscienza con la quale guardiamo ad esse, a seconda dei tempi e degli eventi storici.

Attraverso svariati materiali teorici – usati anche, senza timori, nella loro esplicita evidenza didascalica – Virgilio brucia mette in luce i sottili legami tra l’affannoso esodo dei troiani dalla loro città in preda alle fiamme, i forzosi spostamenti di milioni di individui per i programmi di ripopolazione dell’impero romano, e le drammatiche ondate migratorie dei nostri anni. Mette in luce la vocazione al dominio assoluto sui popoli e sui territori da parte di Ottaviano Augusto, e l’impegno di Virgilio a cantarne le imprese militari e l’alta missione politica. Mostra come il poeta, nell’opera destinata a esaltarne la casata, ovvero l’Eneide, si fece invece cantore dei vinti, dei troiani derelitti e privati della propria casa e della propria patria, dei fuoriusciti, degli esiliati.

Accostando, come sempre, fonti letterarie molteplici e diverse, lo spettacolo si apre con uno straziante proemio dalla Morte di Virgilio di Hermann Broch, detto da un’attrice armena nella propria lingua, con la traduzione italiana che scorre su uno schermo. Si passa quindi, con uno scarto spiazzante, alle sequenze filmate di una scuola odierna, dove un insegnante – cui presta volto l’eccellente attore Marco Cavalcoli (foto) – disserta sullo scrittore Amitav Ghosh e sul suo romanzo The glass palace, in cui si parla di una comunità indiana in fuga da una moderna Troia distrutta dal fuoco in Birmania, sul colonialismo e sul rifiuto dei modelli culturali che esso impone, sul mutare delle interpretazioni dantesche col mutare della società e della sensibilità collettiva.

Fra i momenti più forti di Virgilio brucia ci sono i bellissimi Consigli a un giovane poeta di Danilo Kiš – «…Sii insoddisfatto del tuo destino, solo gli imbecilli sono soddisfatti. / Non essere insoddisfatto del tuo destino, sei un eletto. / Non cercare scuse morali per color che hanno tradito. / Guardati dalla “terrificante coerenza”. / Guardati da false analogie. / Credi a coloro che pagano cara la propria incoerenza. / Non credere a coloro che fanno pagare cara la propria incoerenza….» – folgorante richiamo ai “quindici consigli a un genitore al quale è morto un figlio” di Lingua imperii, il precedente lavoro degli Anagoor. Anche questi sono detti da un’attrice straniera, e precisamente serba, come Kiš, coi sottotitoli in italiano proiettati dietro di lei.

Un altro momento molto bello, nella sua enigmaticità, è il lungo rito della raccolta del miele dall’alveare, citazione delle Georgiche, emblema di un armonioso rapporto con la natura. In contrasto con questo stato d’animo, gli fa immediatamente seguito il secondo libro dell’Eneide, quello della discesa nel regno dei morti, che Derai ingegnosamente ribalta in un impressionante video sulle nascite di diverse specie animali, osservate in silenzio da una piccola folla di ombre umane girate di schiena rispetto al pubblico: ma sono nascite travagliate di animali da batteria, sottomessi a un sistematico sfruttamento, maiali ammucchiati negli allevamenti, mucche collegate a gelidi apparati tecnologici, uova che si schiudono in una vera e propria fabbrica di pulcini.

Il culmine e il clou di questa densa composizione è comunque la scena in cui Virgilio legge a un Ottaviano dall’eloquente maschera d’oro il secondo libro dell’Eneide, il lancinante racconto dell’incendio di Ilio e della fuga di Enea col padre Anchise sulle spalle: con una straordinaria prova di talento e di concentrazione, il trascinante Marco Menegoni lo recita tutto in lingua originale, seguendo la pronuncia classica, un po’ più dura, e la metrica latina, protraendo questo eccezionale exploit per qualche decina di minuti, senza una pausa, senza un attimo di cedimento. Nella sua performance, contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare, non vi è nulla di artificioso o di ostentato: in ogni verso, anzi, egli infonde un insospettabile spessore di emozioni personali.

È faticosa, questa impervia scansione, ma a mano a mano che procede se ne scopre via via sempre più l’incalzante necessità. Nel sanguinoso affresco di rovine, di lutti, di morte, nel furore cieco degli aggressori e nello smarrimento degli aggrediti si coglie l’urgenza di una poesia che investe chi l’ascolta annullando ogni distanza temporale o geografica. Nella descrizione di Enea che, accortosi di non avere più la moglie Creusa al proprio fianco, torna sui suoi passi a cercarla – come Orfeo – in quell’inferno, per scoprire di averla per sempre perduta a causa di un superiore disegno del Fato, si riverbera l’eco di un dolore allo stato per così dire primario, un dolore senza nome, assoluto e universale.

Come già nei casi delle due attrici dell’Est, anche mentre risuona la sua voce scorre sullo schermo la versione italiana degli esametri virgiliani, ma senza dare l’impressione di una mera trasposizione linguistica: si direbbe, piuttosto, di assistere al sovrapporsi di due codici comunicativi – la parola scritta e il puro suono – ciascuno dei quali aggiunge qualcosa all’altro, lo integra con un ulteriore carico di sentimento o di pensiero. E questo incrocio di percezioni, questa sorta di scambio nelle alchimie interiori dello spettatore appare come uno dei risultati più sorprendenti dello spettacolo degli Anagoor, dove i brani poetici sollecitano la mente e gli interventi con funzione in qualche modo esplicativa suscitano invece un’insondabile, profonda commozione.

Visto a Torino, al Teatro Astra, al festival delle   Colline Torinesi. Prossime repliche: 25 – 26 luglio, festival Drodesera, 26 agosto, festival B.Motion, 15 – 16 novembre, Romaeuropa festival

Virgilio brucia
testi ispirati dalle opere di Publio Virgilio Marone, Hermnann Broch, Emmanuel Carrère, Danilo Kiš, Alessandro Barchiesi, Alessandro Fo, Joyce Carol Oates
regia: Simone Derai
drammaturgia: Simone Derai, Patrizia Vercesi
traduzione e consulenza linguistica: Patrizia Vercesi
scene: Simone Derai, Luisa Fabris, Guerrino Perosin
costumi: Serena Bussolaro, Simone Derai
musiche: Mauro Martinuz
arrangiamenti musiche tradizionali, composizioni vocali originali e conduzione corale: Paola Dallan, Gloria Lindeman, Marta Kolega, Gayanée Movsisyan
Byzantin chant e Kliros tratti da Funeral Canticle di John Taverner
con: Marco Menegoni, Gayanée Movsisyan, Massimiliano Briarava, Moreno callegari, Marta Kolega, Gloria Lindeman, Paola Dallan, Monica Tonietto, Artemio Tosello, Emanuela Guizzon